Arte nell'arte

Venerdì 4 Agosto è stato il giorno dedicato alla presentazione di Lettere fra l’erba e 12 posti in cui non volevo andare di Clara Cerri. Nel giardino, spazio dell’arte, ci accoglie Concetta Ruberto, da tempo impegnata nella presentazione ai giovani di autori e scrittori che si occupano di legalità e di altri temi vicino ad essi. «Ringrazio Ippolita che mi dà la possibilità di incontrare tanti cari amici e stasera l’autrice che ho amato in queste notti leggendo 12 posti in cui non volevo andare, perché attraverso il libro, ho rivissuto la Roma della mia giovinezza. Il libro ha vinto il premio Amarganta, premio per le pubblicazioni e-book di qualità».
12 posti dove non volevo andare è stato pubblicato per primo ma scritto per secondo. È una raccolta di racconti, tutti collegati con Clara, la protagonista. Il padre e lo zio facevano parte di un terzetto di musica rinascimentale e studiando per un progetto di narrativa su Brian Wilson, cantautore, musicista, compositore statunitense, l’autrice fantastica che avvenga l’incontro con suo zio, andato veramente in America in tournée. Immagina l’uomo incuriosito dagli spartiti, immagina suo zio dirgli di andare con loro a cantare a Roma.  «La musica è importante nei miei romanzi, nei 12 posti è grande protagonista nell’incontro tra i due artisti. Non è una fantasia consolatoria; è un modo per poter parlare degli effetti della musica sulle persone».
Comincia così questa storia alla quale seguono tutte le altre storie dei posti. È un racconto a ritroso del padre morto sin dal primo racconto. Si introducono, nel proseguo del libro, altri parenti di cui il più famoso, Roy Cerri, che va a Roma per studiare venendo lasciato nel frattempo dalla fidanzata e da qui si apre il tema centrale: come si reagisce alla crisi? 
«Cosa si cerca di fare per ricostruire la propria vita?». Quando lo scrittore arriva a fondo arriva sempre nel posto dove non vuole arrivare. Si interroga: «Questa cosa l’ho vista, posso ricordarla senza esserne distrutta? Se mi fa paura è certo che devo andare perché devo scoprire. Sono molto legata ai 12 posti perché sono riuscita a purgare molti dolori della mia famiglia». E poi le domande: «Quando ci si trova ad affrontare il fallimento, il vuoto, a che cosa ci si può affidare? Qual è la cosa per la quale chiedere un miracolo? Cos’è che mi rende veramente felice? Qual è l’obiettivo che si deve ottenere? Per me scrivere è arrivare alla verità di se stessi».
Ippolita: «Attraverso la mia finestra sul mondo, il blog http://trollipp.blogspot.it/, ricevo libri d’autori che poi propongo. Ciò che è importante nel compito di chi ama la letteratura è capire chi ha veramente talento perché oggi vengono premiati chi non ha talento. 12 posti raccoglie un po’ tutto quello che è il mio modo di fare scrittura: poter essere amati. È un legame. Miracolo e compito della scrittura senza parlarci». 

Gli studi orientali sono la passione di Clara Cerri e alcuni suoi personaggi sono tratti proprio da questa passione. Il romanzo  Lettere fra l’erba è ambientato all’università; una storia che si svolge in un presente che anela il passato. Nel presente c’è Isabella, una ragazza che ha una situazione familiare particolare, nel passato la madre. Conosce delle amiche di sua madre e tramite loro cerca di ricostruirne l’immagine, un’immagine ormai sfocata. Entra nel mondo del passato attraverso delle lettere, lettere che rivelano un’immagine a chi rivela la realtà agli altri: il capire cosa vogliono le persone; stesso modo di vivere di sua madre Ilaria. Uno degli amici di sua madre, Antonio, ha tentato il suicidio e il cercare di aiutarlo è il contatto che segnerà le loro esistenze ma non diventerà un rapporto d’amore. Sostanzialmente è infatti una storia d’amore ma senza lieto fine perché è già nota, sin dall’inizio, la morte di Ilaria. Antonio è un attore che uscirà da un momento di depressione attraverso la recitazione. Frenato inizialmente dall’aspetto fisico alla fine l’idea di recitare piace al punto da prevalere sull’insicurezza e quando decide di dedicarsi esclusivamente al teatro, accantonando l’università, sentirà di realizzarsi. Diventando però in seguito cannibale della sua identità. 

Il romanzo è scritto in terza persona nell’intento di lasciar la parola ai vari punti di vista: una volta quello d’Antonio, una volta quello di Ilaria… «perché quando noi ricordiamo, noi ricostruiamo. La narrazione pervade la nostra vita, pure dormendo continuiamo a raccontarci storie». Il libro nasce appunto con l’idea delle storie che ci racconta. Non solo Isabella ma anche gli altri adulti hanno bisogno di riprendere la storia, anche se fa male, anche se non piace a nessuno dei suoi amici. «Alle volte sono i lettori che ti dicono ciò che è importante di quello che hai scritto. La mia scrittura ha bisogno di essere assimilata per essere compresa. Ippolita incarna il lettore attento che afferra ciò che è importante nella stesura. Per questo esiste la critica, una responsabilità personale che ci si prende. Gli scrittori sono quelli che leggono di più e scrivono perché il libro che vogliono non esiste ancora».  E poi la scena è dell’attore Mario Maruca che interpreta una storia di misteri che si svelano nella vita di Isabella, interpreta Antonio, l’attore nel libro. Siamo a teatro , si sta facendo un provino per Cuore di cane e la parte per cui si candida è quella di Pallino. Antonio è il personaggio che fa più casino ma anche quello che dovrà affrontare situazioni, rimorsi più difficili di altri. 
«Molta arte è ornamento e molti libri sono passatempo. Io cerco sempre di conciliare l’intrattenimento con la ricerca di qualità. È necessario saper raccontare una storia, una storia che ci guarisca». 

È poi la volta di Max Baroni e di una dedica speciale a Clara: «Mi ha colpito molto la lettura, in particolare le ferite del suicidio che aprono al mondo della solitudine. Incontrare l’altro con un semplice sguardo che gli faccia capire che camminiamo insieme a lui», attorniato da mimatrici che continuano a rendere omaggio all’arte con altra arte.


Ippolita: «Vorrei concludere con un pensiero di Clara: tutti gli incontri che un uomo può fare sono cose preziose, non si misurano, non si pesano, se si è fortunati si possono ricordare».




Commenti