È autore, regista, documentarista di Campora San
Giovanni. I suoi reportage sono storie di denuncia che mostrano il suo carattere
e l’impegno civile. Nel 2013 gli è stato assegnato il premio Gianluca Congiusta
con questa motivazione: «per l'impegno mostrato nel raccontare la Calabria
positiva, la Calabria che resiste». Vangelo di Malavita è il suo secondo
romanzo. In 41 capitoli racconta storie
parallele di padri, figli e madri.
Per capire chi è Claudio Metallo basta riguardare il suo
documentario: "L'avvelenata-cronaca di una deriva". Per un accordo
politico sovranazionale il Sud Italia e l’Africa sono stati per decenni le
discariche dei civilizzati paesi del Nord. «Nel documentario sullo
spiaggiamento del 20 dicembre 1990 della Jolly Rosso, nei pressi di Amantea,
Metallo porta avanti un'analisi accurata sulla “Calabria avvelenata”, una
regione con numerosissimi casi di tumori causati dalla contaminazione
dell’ambiente; nel reportage ci sono delle immagini che forse non abbiamo mai
visto e che resteranno a futura memoria». Nel 2010, il procuratore Paolo Giordano, di fronte
al proliferare di tumori nella zona di Amantea, ha ordinato di eseguire
carotaggi sul fondo del fiume Oliva, nei territori dei comuni di Amantea, San
Pietro in Amantea e Serra d’Aiello. Vengono trovati centomila metri cubi di
fanghi industriali, sarcofaghi in cemento pieni di rifiuti tossici, cesio 137,
berillio, cobalto, e rame. E ancora stagno, mercurio, zinco, manganese e
vanadio.
È tutto un complotto contro i popoli del Sud. Gli
accordi non sono mai a favore dei cittadini. Chi siamo noi lettori? E noi
calabresi? Sentiamo il bisogno di indignarci per le manovre dei potenti che ci
danneggiano?
D. «Ma raccontare la Calabria buona quant’è difficile?»
R. «In realtà è facile, di questioni positive ce ne
sono tante».
D. «Chi sono i protagonisti del romanzo, Ignazio e
Angelo?»
R. «Sono due facce della stessa medaglia. Stessa
ipocrisia: uno esegue gli ordini, uccide a comando, l'altro ha un padre
potente, è un avvocato che aiuta gli amici, il classico colletto bianco attorniante una maschera di legalità. Entrambi vivono la
vita forzata dal luogo in cui sono
nati. Il luogo in cui nasciamo ci capita. Si è “figli” perché ci sono dei padri
che hanno trasmesso una cultura. Tra le
pagine del libro troviamo anche il discorso della responsabilità: chi ha
maggiori colpe? Chi spara o chi ordina?».
E quali impulsi dettano le regole del gioco: l’avidità
o l’amore? Dal libro:«Tumasu non
aveva la minima intenzione di sposarla. Il suo piano era un altro. (…) Tumasu
voleva farsi fare cornuto dal cugino con quell’Ilaria che aveva amorevolmente
corteggiato, che aveva accompagnato al cinema e a prendere un gelato con
appresso la zia e la mamma. Fece l’impossibile per far nascere una storia tra
la sua futura moglie e il cugino. (…) Com’è e come non è, alla fine ci riuscì.
Simulò alla perfezione lo shock per la scoperta del tradimento. Era una macchia
sull’onore. Quando un affiliato ha rapporti con la fidanzata o la moglie di un
altro affiliato, l’unica cosa che rimane è versare il suo sangue per concimare
la terra». Sembra
che il motivo debba sempre essere la gelosia verso una donna ed invece il
motivo vero è la grande boria. Il voler assoggettare e dominare l'altro per
imporre la legge di chi comanda. La donna proprio non c'entra niente. Oggetto,
cosa. Un mondo buio di cose. Un mondo di rapporti basati sulla sfida e sulla
vendetta. Un mondo senza luce. Individui primitivi mossi da istinti predatori e
di caccia. Un mondo dove non esiste il perdono, non esiste il dubbio, non
esiste il rispetto benché lo agitino. Si intuisce la protervia in questi
comportamenti.
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