Al
teatro TIP di Lamezia Terme venerdì 3 marzo si è svolta l’assemblea organizzata
dal Collettivo Autogestito Casarossa40 su “colonizzazione dell’immaginario e
controllo sociale” con relatore un giovane 76enne: Renato Curcio autore dell’Impero Virtuale.
http://www.libreriasensibiliallefoglie.com/
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«Lo spazio terrestre ha acquistato una nuova
dimensione verticistica che si regge sulla sudditanza greve di alcuni miliardi
di persone: l’Impero Virtuale».
Nell’arco
di un decennio il panorama del mondo del lavoro, delle relazioni sociali è
completamente cambiato: è un lontano ricordo l’epoca vicinissima in cui non esistevano
cellulari, iphone, Ipad, Smartphone, tablet …. Un processo velocissimo ci ha
portato in una nuova era digitale che, però, non è stato accompagnato dalla percezione
delle implicazioni che l’uso di queste tecnologie comporta, non soltanto la certezza di essere spiati.
Quando
parliamo di colonizzazione il pensiero va al concetto novecentesco:
accaparrarsi le risorse di una nazione con la forza. L’oligarchia capitalistica digitale
si propone, invece, la colonizzazione
internettiana del nostro immaginario, senza sparare un colpo, con una nuova narrazione, facendo passare
il web e le sue piattaforme informatiche come una forma avanzata di democrazia
quando nella realtà celano potenti meccanismi d’oppressione.
Alcune
aziende che quindici anni fa neanche esistevano, come Google e Facebook, oggi, rappresentano
questa nuova oligarchia planetaria. Aziende dai bilanci astronomici: Google nel
2013 fatturava 57 miliardi di dollari, Facebook nel 2015
ne ha fatturato 18.
«Come fanno se l’accesso è
gratuito?».
Semplice, siamo noi utilizzatori a lavorare
volontariamente e gratuitamente per loro, cedendo consapevolmente le nostre
risorse, i nostri dati (un’infinità di informazioni sulla famiglia, amici,
hobby, lavoro, politica e tanto tanto altro ancora). Dati da cui, con specifici
algoritmi, è possibile estrarre indicazioni sugli orientamenti di consumo, di
comportamento sociale, di voto, e via dicendo. La vendita di questi dati a
imprese o a istituzioni produce quei bilanci astronomici sopradetti (siamo 3miliardi i sudditi dell’impero).
E
così nella migliore delle ipotesi ci troviamo ad essere perseguitati da
pubblicità mirate, nella peggiore ad essere schedati come soggetti pericolosi o
addirittura sotto processo.
L’altra domanda banale: la cessione
di questi dati è compensata dalle risposte/servizi che Google, Facebook ci
offrono ?
Gramsci,
analizzando il percorso di industrializzazione, si chiedeva come funzionasse il
controllo dei lavoratori. Gli strumenti di egemonia, ad esempio attraverso
giornali, televisione, scuola, hanno caratterizzato tutto il Novecento. Oggi
non ce n’è più bisogno perché l’egemonia passa attraverso i dispositivi
digitali. Quanti di noi facendo una ricerca su google arrivano
a consultare le informazioni contenute oltre la decima pagina, verità nascoste dopo
la massima pagina di resistenza di
lettura? La vera informazione può essere astutamente nascosta. E che dire delle
file davanti gli Apple Store per acquistare la nuova insoddisfacente versione
del iPhone? Facciamo il nostro lavoro e contemporaneamente produciamo dati che
permettono di monitorarci, per chiederci sempre di più. Siamo perennemente
connessi, monitorati, condizionati. «Il lavoratore che non raggiunge la
velocità stabilità con criteri scientifici è anormale, è lui il problema». Va eliminato.
Ci
troviamo in una dimensione che lavora su di noi, attraverso di noi. Che nesso
ha questo tipo di tecnologia con l’idea che abbiamo di progresso sociale? Che
significato diamo al progresso? L’idea che
il progresso liberandoci dal lavoro necessario vada verso la realizzazione di
una società più confortevole è FALSA. Disoccupazione
e povertà crescenti caratterizzano sempre più le nostre società occidentali.
«Abbiamo un’innovazione tecnologica che corre velocissima, che libera lavoro
necessario ma che ci consegna sempre di più al mondo capitalistico».
«Tutti
gli imperi esistiti sono anche crollati.
Non vedo perché proprio questo dovrebbe fare eccezione. Ma, certo, mi auguro
che non sia soltanto il destino a decidere quale debba essere la mia vita. E
così auguro anche a voi di saper dare al
VOSTRO IMPEGNO il valore che merita».
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